Seleziona una pagina
Un gioiello di architettura rinascimentale
nella campagna di Vicenza

Articolo sull’Oratorio dei Revese, scritto da Lionello Luppi nel primo numero della rivista Veneto Ieri Oggi Domani.

Abbiamo cercato dei contenuti in rete sulla persona di Luppi, ma purtroppo non abbiamo trovato nulla.

Il luogo

Non è difficile raggiungere Brendola, sia per chi voglia usar dell’Autostrada ‘Serenissima’, sia per chi preferisce seguire la Statale nel tratto che Verona a Vicenza congiunge.

Nel primo caso, si tratterà d’uscire al casello di Montecchio Maggiore e infilare, sulla sinistra, la via di Lonigo per piegare presto a destra. Poche centinaia di metri avanti.

Nel secondo, di prender quello stesso percorso poco più addietro, svoltando all’incrocio che spartisce l’agglomerato di Alte Ceccato.

Già di lontano il nucleo più antico, originario, del paese si rende affidabilmente riconoscibile. Abbarbicato tra il verde dei Colli Berici. La torre semidiruta del castello a dominarlo, lo svettar del campanile della Parrocchiale.

Un altro curioso edificio nelle vicinanze

Duomo Incompiuto Brendola

Val la pena di salire lassù. Parcheggiare l’auto nel piazzale guardato dalla mole spettrale e inquietante d’un tempio: fabbrica orgogliosamente tirata su sin alla copertura, all’avvio di questo secolo [XX° ndr], e poi,

quasi alla vigilia dell’ultima guerra, misteriosamente sospesa e abbandonata.

I ritmi garbati ed eleganti della loggia della villa quattrocentesca che fu dei Piovene, ed ospita adesso il Municipio.

Muoversi a piedi per le viuzze erte d’acciottolato. Quinta di case d’edilizia dimessa le guardano.

Macchie folte di boschi che d’improvviso s’aprono. Un cancello, un viale. Offrono la sorpresa di spazi aperti, ridenti d’aiuole fiorite, che spingono al prospetto d’altre ville.

Villa_Piovene_a_Brendola_(VI)

Villa Piovene

Bello è, ancora, indugiare sul piccolo slargo silenzioso, ch’è il sagrato della Parrocchiale intitolata all’Arcangelo Michele, eretta in neogotiche forme, a sostituire la ormai rovinosa chiesa là preesistente, nel 1846.

Contemplare l’ampio giro dei colli ameni vicini. E, ripreso il fiato (magari col soccorso d’un bicchiere di fresco Tocai rosso), inerpicarsi sino alla rocca.

L’Oratorio dell’Annunciazione

La mèta di codesto nostro primo itinerario sta, però, più sotto. A mezzo, suppergiù, della strada che unisce Brendola nuova distesa sul piatto, al borgo medioevale.

Un oratorio di insolite forme squisite, alto e sottile e lieve da parer aereo. Capolavoro in assoluto, della cultura architettonica del primo e acerbo -ma quanto coltivato e raffinato!- Rinascimento nella Terraferma Veneta.

S’eleva innanzi alle case scure e massicce fabbricate dai Revese. Nobile e vetusta famiglia del luogo. Case costruite dalla parte opposta della via cui lo aggancia una duplice rampa di gradini parallela al prospetto. La quale in tempi recenti ha sostituito la scala originaria che puntava dritta all’ingresso, movendo -stimo- senza cesure di pubblico percorso, dall’interno della proprietà dei Revese di cui la chiesetta doveva costituire il luogo gentilizio e privato di preghiera.

L’Architettura

Oratorio-Revese-Storica-Veneto-da-Vedere

Due partiture sovrapposte compongono la facciata.

L’una di semipilastri scanditi da riquadri includenti un motivo floreale stilizzato.

L’altro di semicolonne coronate da capitelli che spingono tre arcate graziose, includenti finestre allungate, quelle laterali; un’edicola e il piccolo rosone, quella centrale.

Oratorio-Revese-Attuale-Veneto-da-Vedere

Sino al limite della cornice che regge il timpano di pinnacoli e motivi a conchiglia esili da parer fragili. Vulnerabili quasi alla rabbia del vento e della tempesta.

I fianchi sono scanditi da paraste in cotto che tutta la superficie ne accampano, alla lor volta concludendosi ad arco. Mentre l’interno si risolve in una sola navata, conclusa, oltre una balaustra di colonnine delicate, da un breve presbiterio suggellato dal semicerchio dell’abside e voltato ad ogiva.

Pittura

Oratorio-Revese-Pitture-Lunette-Veneto-da-Vedere

Pitture si dispiegano sulle pareti. Putti alati, delfini, tritoni. Una Crocifissione campeggia sull’arco trionfale. Sulle lunette, le figure di Cristo sul sepolcro, di San Rocco e di San Sebastiano assistito da un orante: il committente dell’Oratorio, certo, un Revese.

Di robusta ispirazione e di mano esperta: Giovanni Buonconsiglio, sono queste tre ultime immagini.

Impacciate le altre. Sebbene la scena della Passione declami accenti di sconcertante forza espressionistica. Ma è la qualità precisa della struttura architettonica, l’organicità equilibrata e perfetta della sua presenza, alfine, che colpiscono per la spregiudicata e pur sapiente scioltezza compositiva. Che connette, dispone, impagina, ordina gli ingredienti complessi e inconsueti del vocabolario adottato. Il quale rimanda con perentorietà ai modi di Alvise Lamberti da Montagnana: un maestro che in Venezia s’era formato accanto al genio di Mauro Codussi, recuperandone la lezione altissima e incomparabile. Per tradurla poi, nell’entroterra, in Santa Maria dei Miracoli a Lonigo; e qui e così, in Brendola.

Prima di trasferirla, all’avvio del ‘500 e nel cuore insidioso di Mantova, tra le mura rosse e le cupole d’oro del Cremlino, deriva splendente di Bisanzio, nella macchina superba della Cattedrale dell’Arcangelo Michele.

Epoca costruttiva

Quando l’Oratorio dei Revese si statoeretto, ignoriamo. Giacchè tutt’affatto inattendibile è la data 1466 marcata su una lapide.

Sarà stato magari e invece nel 1499. Nè qual circostanza abbia ispirato la famiglia committente che a Maria Immacolata volle dedicarlo.

Estinta quella nel 1888, e passata la chiesetta agli Scola e, quindi ad altra proprietà, patì d’indifferenza e d’incuria.

Il degrado minaccia la sopravvivenza del delicato capolavoro: intonaci rigonfi e staccati, sgretolata la pietra tenera delle partiture, sbucciando il basamento. Marci e fatiscenti gli affreschi. Il Comune tenta l’acquisizione, e la Pro Loco il restauro. [ricordiamo che l’articolo di Luppi risale al gennaio 1990, ndr]

Nel 1990

L’accesso frattanto, all’interno ne è impedito. Ma val la pena, ciononostante, di salir a Brendola per godere, pur nella miseria deplorevole e deprecabile dello stato presente, l’incanto magico dei segni fantasiosi ancor leggibili che l’esteriore volume ricamano, e suggeriscono il fascino di una storia civile lontana che sapeva della pietà e della bellezza. Bellezza che la pietà impalca. Per raccoglierne  almeno, il brivido di una percezione oscura ch’è pur sempre scotimento dei torpori in cui rischiamo, giorno per giorno interminabilmente, d’affogare.

E per aiutare, con la pressione di un concorso, quanto più possibile ampio e corale, chi a Brendola si batte al fine di salvare, per tutti, dalla rovina e dalla cancellazione, un cantico fascinoso e suggestivo d’architettura.

2022

Nel 1990 non si possedevano smartphone con GPS e navigatore, si doveva spiegare -in qualche modo- come arrivare in un luogo. Oggi, ci è molto più comodo toccare poche volte uno schermo, ed avere tutte le indicazioni.

Poi chissà, tra qualche anno chi leggerà queste righe, non dovrà nemmeno toccare qualcosa: gli basterà parlare e chiedere, a qualche diabolico strumento.

Oratorio dei Revese

Duomo Incompiuto

Castello di Brendola

error: Content is protected !!

Iscriviti alla NewsLetter

Per ricevere la notifica delle nuove pubblicazioni

Iscrizione andata a buon fine

Pin It on Pinterest

Share This