Articolo scritto da Francesco Rapazzini nel gennaio del 1990, nel primo numero della rivista.
Non abbiamo trovato un riferimento certo in rete, su questo autore.
Storia vera o invenzione?
“Non vi fu alcuna storia più dolorosa che questa di Giulietta e del suo Romeo”, recita il Principe a chiusura della tragedia shakespeariana sugli infelici amanti veronesi. Ma fu storia o vera invenzione?
La storiografia vuole la vicenda realmente accaduta nel 1303 a Verona. Sotto l’egidia di Bartolomeo I della Scala, fra le famiglie rivali dei Montecchi e dei Cappelletti (e non dei Capuleti come è spesso scritto).
Altre versioni
Fu tale Masuccio Salernitano il primo narratore che si occupò di questa faccenda. E già nel 1476 la trattò nel suo ‘Novellino’, laddove i personaggi di Ganozza e Mariotto, sono accomunati ai due innamorati di Verona dallo stesso triste destino. La vicenda questa volta trova luogo, però, a Siena.
Il conte vicentino Luigi Da Porto (1485-1529) nel racconto pubblicato nel 1524, trasporta il dramma a Verona e battezza i due eroi come Giulietta e Romeo.
Secondo la leggenda, egli avrebbe appreso il fatto nel 1510 durante un viaggio a Gradisca, dove si trovava stanziato come capitano della Repubblica di San Marco, a Udine.
A raccontarglielo fu uno dei suoi compagni di avventura, certo Pellegrino, arciprete veronese.
Lo stesso argomento fu poi ripreso da Matteo Bandello intorno al 1531. Anch’egli precisa di esserne venuto a conoscenza da un tale capitano Pellegrino che glielo raccontò un giorno in quel di Caldiero.
Stesso informatore a distanza di 20 anni?
Potrebbe anche essere, ma forse è già mito.
La curiosità, certo la più eccitante ma anche la più inverosimile, comune alla due novelle, è quella per cui Giulietta, scoperto il cadavere di Romeo attua il suicidio non pugnalandosi al seno, ma, più infantilmente e in modo quasi buffo, trattenendo il respiro fino a strozzarsene.
Ma prima di abbandonare la sfera letteraria non si può dimenticare che, tra i moltissimi che si ricordano dell’episodio sanguinoso, oltre a Lope de Vega, non si può tacere il nome di Dante (Purgatorio VI, 106):
“Vieni a veder Montecchi e Cappelletti, Monaldi e Filippeschi, uom senza cura, Color già tristi, e costor con sospetti”
La tomba di Giulietta è un abbeveratoio
Parecchi storici cercarono di avallare l’ipotesi di autenticità della vicenda fra Giulietta e Romeo, portando a testimonianza l’esistenza della tomba di lei. Ma questa non è che una vasca, un abbeveratoio per mucche o un antico lavatoio.
Si racconta infatti come la cosiddetta ‘tomba’ si trovasse (infissa o no) presso il muro esterno della chiesa di San Francesco, nell’angolo verso l’attigua chiesa dei Cappuccini.
La chiesa di San Francesco fu eretta nel 1230, accanto all’Arena, luogo dove il Santo soggiornò di ritorno dalla Terra Santa [c’è chi ipotizza che San Francesco in realtà non vi sia mai andato, ndr], quando era podestà di Verona Renier Zen, poi divenuto Doge di Venezia.
La chiesa di San Francesco
È interessante seguire le vicende di questa chiesa per scoprire la storia della vasca-tomba a essa strettamente legata.
La chiesa e il suo monastero, dopo un breve periodo di prosperità, decaddero.
Nel 1447 vi alloggiava soltanto una monaca e i luoghi, disertati alla sua morte, vennero poco dopo sconsacrati da Niccolò I.
Ripristinato il culto, il 12 agosto 1624 la Chiesa venne distrutta dall’esplosione di una vicina polveriera, e finalmente nel 1842, il convento fu completamente abbandonato. Se ne partirono la franceschine dell’ordine delle Convertite e delle Zitelle, con le loro orfanelle assistite; andando a occupare la sede dell’ex-convento delle Dimesse alle Crocette.
Lo spazio divenne un magazzino di bozzoli da seta.
Ma, e la vasca?
La tradizione vuole che verso il 1548, estinte le famiglie dei Montecchi e dei Cappelletti, l’autorità ecclesiastica, avendo notato che il ricordo dei tragici amanti giovinetti agitava e commuoveva ancora e sempre, cercò di ovviare a tanta tensione emotiva facendo si che, disperse le ossa, le suore usassero il sacello come lavatoio per le loro educande, tanto per spiegare i fori alla base del sarcofago.
Ancora leggenda?
Forse si. Ma la vasca fu poi trasferita in Cittadella, oggi Campo della Fiera.
Nel frattempo quella pietra veniva sempre più consumata dai molti visitatori che ne grattavano via dei frammenti.
Nel 1828 addirittura la seconda ex-moglie di Napoleone, Maria Luigia Duchessa di Parma, si fece comporre dai gioiellieri una strana collana, e un paio di orecchini montati in oro, di schegge tolte alla tomba di Giulietta.
Intanto già nel 1830 Alessandro Torri aveva proposto di ricoverare la Tomba di Giulietta, ma non se ne fece nulla.
Infine, nel 1868 la Congregazione di Carità, dalla quale dipendeva l’orfanotrofio delle Franceschine, proprietario della chiesa e del convento di San Francesco, fece collocare al coperto la tomba, tremendamente deteriorata.
La sostituzione
Pare che, prima di decidersi a portare nella cripta quella vasca, ormai famosa ma tanto rovinata, si pensò di prenderne in sostituzione un’altra molto più bella, che si trovava a Castelvecchio.
Il problema sorse quando si scoprì che la candidata in questione aveva, sul fianco, inciso un medaglione che raffigurava un’Oca e non idonea quindi a essere spacciata come sarcofago di Giulietta… Capuleti.
Meglio dunque a tutti gli effetti una tomba senza insegna.
È notorio, si diceva per avallare il falso storico, come ai suicidi venisse negata, all’epoca, la sepoltura ecclesiastica. Questi difatti, venivano sepolti al di fuori dei luoghi consacrati.
Quando nel 1303 successe il fattaccio, per riguardo alle loro famiglie ricche e potenti in Verona, la Chiesa tollerò che venissero inumati in luogo sacro, con un’unica condizione: una tomba anonima, senza stemmi nè iscrizioni.
Ma tant’è, la leggenda gotica dell’amore di Giulietta e Romeo incanta e affascina anche alle soglie del Duemila. [ormai abbondantemente varcate, ndr]
Nel Novecento
Ma solo nel Novecento, esattamente nel 1935, Avena fece sistemare l’arca in una cripta sotterranea attigua al chiostro, aprendo finalmente al pubblico la cosiddetta Tomba di Giulietta.
Accanto a questa, in un’altra stanza, vennero collocate ancora dieci pietre sepolcrali, raccolte nella chiesa abbandonata, i cui nomi sono quasi illeggibili se non quello di Margherita Bellasia, morta nel 1617, di Antonio Boneto e di suo figlio Giovanni Paolo, e infine sulla parete è posta una lapide che ricorda le ceneri di Anna M. Fontana, morta il 21 febbraio 1742.
Turisti alla Tomba di Giulietta
Cosa spinge 200-300 persone al giorno a visitare questo luogo, rovinato dalle scritte dei grafomani che incidono i loro legami d’amore?
Sono soprattutto coppie nonchè giovani ragazzi e ragazze a frequentare questi luoghi.
“È per vedere dove è morta Giulietta – spiega una dolce studentessa giapponese in viaggio di nozze in Italia – perchè mio marito e io amiamo molto Shakespeare e la vicenda narrata”
Quando mormorando suggeriamo la falsità del sepolcro, la ragazza si allarma:
“Non è possibile che sia un falso, guardi: c’è tanta gente che viene qui.”
Vogliamo rassicurarla, anche perchè ha uno sguardo quasi disperato, come quello dei bimbi quando scoprono che non è il bambin Gesù che porta loro i regali per Natale.
“Io poi ho letto questa guida, vede: non dice assolutamente quello che lei sta insinuando”
piccata fa cenno al marito e giratemi le spalle, si affretta verso la Tomba di Giulietta, sulla cui entrata si legge un’epigrafe in inglese e in italiano:
“Una tomba? Oh no, un faro… Perchè quì giace Giulietta e la sua bellezza illumina questa cripta di eterea luce” (Shakespeare, Atto V, scena III)
La guida turistica
La guida è un libretto che viene venduto a Verona e che racconta, in effetti per sommi capi, la storia dei due giovani. Con poche notizie storiche, alquanto confuse.
In realtà esiste, o meglio esisteva, un libro che narra dettagliatamente le vicende storiche, letterarie, e romantiche, di Giulietta col suo Romeo: è quello di Bruno De Cesco, Giulietta e…, edito da Vita Veronese: casa editrice purtroppo non più operante da quando morì pochi anni or sono l’editore-proprietario Gino Beltramini.
Si può girare per tutte le librerie di Verona: non vi è traccia del libro.
Ve ne è solo una copia, nella biblioteca a Castelvecchio.
Il pozzo dei desideri
Nel cortile antistante la tomba, ossia nel chiostro di ciò che è restato del convento, c’è il pozzo dei desideri in pietra. Ricolmo di monetine provenienti da tutti i paesi. Fino a un pò di anni fa veniva festosamente e romanticamente sorvolato da pavoncelle e tortore bianche.
Non appena qualcuno gettava nel pozzo uno spicciolo, queste si posavano sulla sponda come per ringraziare e confermare l’avverarsi del sogno dell’innamorato.
“Mio zio giurò eterno amore alla sua bella –racconta una libraia del corso principale, proprio davanti alla Tomba di Giulietta- Lui aveva trentasei anni, sposato con due figli, mentre lei era una ballerina spagnola di soli diciotto anni. Io feci da sacerdote, da testimone al giuramento.”
Si, perchè come ogni giuramento che si rispetti, anche questo deve avere un testimone chiamato sacerdote, in ricordo forse della figura di frate Lorenzo, che, secondo Shakespeare, unì in matrimonio segreto Giulietta con Romeo. Come finì?
“Mio zio scappò da Verona -ricorda ancora la libraia– e visse a Madrid con la ballerina per altri venticinque anni. Venticinque solo, perchè poi morì.”
Lettere dal tutto il mondo
L’animo romantico umano non ha davvero limiti, tanto meno nell’assurdità.
A Verona arrivano in continuazione lettere spedite da innamorati di tutto il mondo, ovviamente infelici: amori contrastati, gelosie irrefrenabili, legami impossibili.
L’indirizzo è semplice: Giulietta Capuleti, Verona.
Fino a qualche tempo fa [1990, ndr], migliaia di lettere venivano recapitate in Comune dove operava il segretario di Giulietta, che aveva un suo ufficio, una sua scrivania, e tanta buona volontà.
Calimani, questo il suo nome, rispondeva alle missive di giovani australiani aspiranti suicide; di tedeschi depressi, e così via.
Ma non solo.
Curiosità sui francobolli
Siccome ogni lettera conteneva spesso i francobolli per la risposta, ovviamente inutilizzabili, Calimani che ne fece raccolta, divenne uno dei più ricchi collezionisti in Italia.
Quando morì, per un pò gli successe la nipote, ma la sua pazienza si esaurì presto, e smise di rispondere ai cuoi infranti internazionali.
Per onorare il lungo e sollecito lavoro del segretario di Giulietta si pensò di raccogliere e pubblicare in florilegio le migliori lettere. Si decise, si discusse, si patteggiò. Non se ne fece niente. [all’italiana, ndr]
La storia nell’arte
Il bisticcio se la tragedia d’amore sia solo fiaba e leggenda o storia e vicenda vissuta, ormai ha perso d’importanza.
Ne hanno tanto parlato e scritto, cantato e pianto, che gli sposi fanciulli fanno parte della nostra cultura.
Molti momenti dell’espressione artistica ne hanno celebrato i sentimenti e la morte.
Bellini, Gounod, Berlioz e Ciaikowsky, fra i musicisti, e poi ancora coreografi come Jerome Robbins (West Side Story), librettisti, pittori, registi cinematografici quali Meliès nel 1901, Caserini nel 1908, Griffith, Castellani e Zeffirelli, scrittori e poeti fra i quali bisogna almeno ricordare Barbarani e Bepo Spela (pseudonimo di Giuseppe Barni) che hanno scritto delle versioni della tragedia in dialetto veronese.
Disincanto
“Certo che è tutto falso -sorride una ragazza di Milano- lo so. Sono venuta convinta di una cosa: anche se ‘O Romeo, Romeo! Perchè sei tu Romeo?’ non fu mai pronunciato, non posso non pensare che, come la Tomba di Giulietta è un falso storico, anche il pensiero dell’amore infinito, meraviglioso, straordinario è un falso ideologico. O no?”
No, davvero. E noi vogliamo credere che anche se non profferite da Giulietta a Romeo, queste parole siano state sussurrate almeno da qualche innamorato, che dice, credendoci, “per sempre”: “Buona notte, buona notte! Il dividersi è un dolore così dolce, che continuerei a darti la buona notte fino a domani mattina!”.
Tomba di Giulietta
Balcone Giulietta
2022
Anche per noi veneti, è noto solo il balcone, di Giulietta. La Tomba di Giulietta è un altro luogo, in altra posizione, e che conosciamo meno.