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Nuova vita per la Tomba Brion

Forse la più famosa opera di Carlo Scarpa, la Monumentale Tomba Brion ad Altivole di Treviso, stà riscuotendo in questo periodo un rinnovato interesse per almeno tre motivi:

È l’occasione per ri-pubblicare un articolo apparso nella rivista, nel febbraio del 1994. L’intervista che Gabriella Imperatori fece a Onorina Brion. Nella quale si parla ovviamente anche del rapporto con quest’opera.

Chi scrive ha sempre subìto da essa un fascino particolare. Durante il corso di studi alle superiori, il docente di Scienza delle Costruzioni ci accompagnò a visitarla. Completata pochi anni prima, era ancora una novità. Il docente ci disse che nel progetto c’era un significato, una simbologia, che però non conosceva e non era in grado di spiegarci.

Passarono gli anni. I decenni. Ma quella nota non svanì.

Destino volle che la vita portasse la nostra curiosità verso alcuni aspetti del costruire. Partendo dalla bioarchitettura, un passo dopo l’altro, senza volere si arrivò al simbolismo.

Fu così che molti anni dopo quella visita scolastica, tornammo a visitare la tomba Brion. Con altri occhi, e con altro sentire. Osservammo le linee, la materia, in una giornata estiva e quasi nessuna persona presente. In quella pace, ci sembrò di leggere qualcosa. Lettura che traducemmo in un video, inserito più sotto.

Dall’estero

Alcuni anni fa, era forse il 2016, ci colpì un episodio di una serie chiamata Italy Unpacked. Una breve serie di puntate nelle quali un famoso critico d’arte inglese ed un cuoco di origini italiane, percorrevano la nostra penisola da sud a nord.

In quella puntata erano in Veneto. Partiti da Chioggia, passarono per Venezia, Padova, Vicenza, per arrivare nel Comelico e chiudere la puntata al lago di Misurina.

Andando verso nord, si fermarono ad Altivole, alla Tomba Brion.

Il nostro pensiero fu: “Con tanti posti che ci sono in Veneto, un famoso critico d’arte inglese si ferma ad Altivole…”, si fermò anche in un altro paio di luoghi praticamente sconosciuti, ad ammirare delle opere d’arte che poi descrive.

Com’è possibile che debba venire uno straniero a farci conoscere opere d’arte che abbiamo a pochi minuti da casa nostra?…

Incontro

Tomba Brion e Onorina Brion_03_Onorina Brion 01_Veneto da Vedere

Al telefono Rina Brion, la capitana della Brion Vega, mi era sembrata irraggiungibile: protetta da due severi angeli custodi, la fisioterapista che la sta rimettendo in piedi dopo una malattia molto dura, e la colf che filtra le telefonate perché la signora non sia disturbata.

Mi era parso di avvertire anche in lei, quando finalmente ero riuscita a parlarle, un filo di diffidenza. Per timore di un’intervista pettegola, forse. E niente sarebbe meno adatto a Rina Brion che questo tipo di intervista.
Quando finalmente la incontro, però, nel salotto della sua splendida casa nel centro milanese, mi dice subito, con un sorriso che la illumina tutta: “Lei ha una faccia simpatica, cominciamo”. E il feeling è, credo, reciproco e immediato.

Empatia

Niente registratore, solo appunti, ma molta generosità nel rispondere alle domande, grande umanità e simpatia. È un volto che ti colpisce per la fierezza, per la vivacità dello sguardo mediterraneo che illumina l’ovale largo, un po’ slavo. Le foto non le fanno giustizia, non rendono la solennità della sua persona che, il giorno dell’intervista, è ammantata di un lungo abito a fiorami, al di là delle mode.

Né, ovviamente, possono rendere la dignità – e si, anche l’ottimismo- con cui accetta e insieme combatte la malattia.
Veneta del Padovano -è nata a Santa Giustina in Colle e vi è rimasta fino al matrimonio- taglia via di netto dalla sua vita l’infanzia e l’adolescenza: “un periodo triste, che non voglio ricordare, perché mi ha segnato negativamente l’esistenza. Ma che tuttavia mi è servito di stimolo”.

Carattere

Ancora una volta, il dolore è vissuto non come occasione per deprimersi, ma come spinta per venirne fuori, e in questa reazione c’è già tutto un carattere.
Il matrimonio, invece, lo considera l’evento più importante in positivo: e più volte, durante l’intervista, il ricordo del marito affiorerà come un filo conduttore, un refrain, come il senso profondo dell’esistenza di questa donna.

Intervista

-Come vi siete incontrati?

“In treno. Lui dormiva e occupava due posti, io aspettavo che si svegliasse per poterne guadagnare uno. Quando finalmente aprì gli occhi e mi vide, attaccò subito discorso. Ci siamo sposati un mese dopo”.

-Il vostro è stato un sodalizio non solo sentimentale, ma anche di lavoro. E stato cosi da subito?

“In un certo senso si. A Milano ci siamo arrivati ancora senza casa, senza mobili. Lui, che aveva frequentato l’Istituto Rossi di Vicenza, era tecnico di una grande azienda, ma lavorava anche di sera, a casa.  Mentre lo guardavo mi sono appassionata io stessa al suo lavoro. Incoraggiandolo poi a fare il salto di qualità”.

L’inizio

Così hanno cominciato col costruirsi la cucina di casa e via via sono andati avanti: partendo dalla componentistica e arrivando poi al prodotto finito. Cercando la qualità e in seguito appassionandosi al design.

“Siamo arrivati ad essere presenti in molti musei del mondo, ma all’inizio facevemo tutto da soli. E io che avevo più tempo perchè lui lavorava ancora presso la sua ditta, andavo in giro, portavo i pacchi in bicicletta. Ma queste non le ho mai considerate fatiche: al contrario, le ricordo come esperienze stupende”.

Tomba Brion e Onorina Brion_05_Onorina Brion 03_Veneto da Vedere

Femminismo ante litteram

-Lei è considerata una delle prime donne-manager italiane…

“Lo sono stata fin dall’inizio, in quanto ero una dei fondatori dell’azienda. L’esperienza me la sono fatta sul campo”.

-Quali sono le doti necessarie per riuscire in un lavoro come il suo?

“La dedizione, l’entusiasmo, l’onestà intellettuale: qualità che hanno aiutato la crescita dell’industria facendo privilegiare, tra l’altro, il prodotto italiano”.

– Ha avuto qualche difficoltà?

“Non direi, se non il fatto che ero una bella ragazza e questo poteva creare qualche confusione nei miei interlocutori. Ma erano confusioni che si dissipavano subito”.

Rina Brion è orgogliosa della sua esperienza lavorativa, che le ha fruttato numerosi riconoscimenti. È stata per esempio la prima donna ‘Cavaliere del lavoro’: un’onorificienza rarissima anche oggi [1994 ndr].

Però di questi successi non le importa poi troppo.

“L’importante -afferma con decisione- è il lavoro in sé. E poi, per me, lo è stato il rapporto bellissimo con mio marito”.

Altri interessi

Ma Rina Brion ha coltivato anche altri interessi, oltre al lavoro e alla famiglia. E basta guardarsi intorno, nella sua casa milanese, per rendersene conto: perché è una casa talmente piena di cose belle, disposte in ordinate bacheche o estrosamente, inseguendo il filo del senso estetico, da rivelare subito l’animo dell’appassionata estimatrice e collezionista.

Arte e Artigianato

“Mio marito amava molto la pittura e mi portava con sé a mostre e musei. E poco per volta, siccome sono possessiva, mi è venuta la voglia di comperare: quadri, oggetti, maioliche, tessuti…”

– Già, i tessuti: nella sua casa ce ne sono dappertutto, perfino paramenti sacri… Come le è nata questa passione?

“Fin da ragazzina ero molto brava a ricamare: avevo imparato all’Istituto ‘Scarcerle’ di Padova, dove i miei lavori venivano esposti. Più tardi ho realizzato capi di biancheria per me, e a mano a mano ho cominciato a comperare, soprattutto pizzi, che ora impresto anche a musei in occasione di mostre“.

Collezioni

Oltre ai pizzi veri e propri, mi fa vedere lenzuola ricamate, fazzoletti che sembrano nuvole de batista, organza, voile. Sulle pareti, invece, piatti dalle tonalità cromatiche bellissime, come del resto lo sono i decori, e poi un paliotto veneziano di perle blu e oro, immagini sacre. Sui mobili, piccole collezioni come quella, deliziosa, delle classiche uova di Pasqua russe. Nel bagno, tutta una sinfonia di blu e bianco, con un lavabo che sembra, e forse è, una scultura, spicca fra l’altro il busto della signora realizzato da Murer.

Ma anche una foto, molto spontanea, del marito. Non so più dove guardare, la signora mi legge negli occhi.

“Per tutto questo ho rinunciato a molto: viaggiare, per esempio, perché non si può
avere tutto”.

Tomba Brion e Onorina Brion_04_Onorina Brion 02_Veneto da Vedere

La casa a Cortina

E così il suo buen ritiro, il suo relax, è la casa di Cortina. Una casa da cui si gode “il panorama più bello della vallata”. Una casa voluta, anch’essa, dal mitico compagno della sua vita, che amava percorrere in bicicletta le strade dolomitiche e coltivava il sogno di un rifugio lassù.

– La sua casa di Cortina è anch’essa un po’ mitica, mi dicono: con il salotto ottagonale circondato da vetrate, con decorazioni floreale d’estate e d’inverno, e con il famoso cenacolo di intellettuali che si riuniscono, o si riunivano, attorno al suo tavolo…

“Da tre anni a dire il vero faccio solo il minimo, ma prima era un privilegio venire da me. Preparavo tutto in casa, davo pranzi che valorizzavano al massimo le ricette tradizionali della cucina veneta, invitavo non per bisogno di mondanità, ma per il piacere di dare…”.

– Chi erano i suoi ospiti?

“Ho il privilegio di godere dell’amicizia del Presidente del Senato, e poi di scrittori, giornalisti. Non attori o personaggi mondani, invece. E comunque i più schivi, come Indro Montanelli, vengono da soli o in gruppi ristretti. Quand’era vivo veniva da me anche Buzzati. Comunque
io non faccio mai l’ammucchiata, invito pochi amici di cui mi occupo con dedizione. Quest’estate, oltre a Spadolini, ho avuto ospite il professor Mario Monti della Bocconi, e alcuni clinici. E direi proprio che tutti mi vogliono bene”.

La Tomba Brion

Tomba Brion e Onorina Brion_06_Carlo Scarpa 01_Veneto da Vedere

Il suo nome, o meglio quello della sua famiglia, è legato anche al capolavoro di Carlo Scarpa, la famosa tomba di San Vito d’Asolo [Altivole Ndr].

“Per carità, non la chiami tomba!”

– Il monumento, allora…

“Nemmeno: dica solo l’opera. Un’opera che compendia architettura e natura, pietre e acqua. Non a caso è sempre meta di visitatori, perfino uomini di Stato fra i più famosi sono stati a vederla. Sì, posso proprio dire che è un luogo non solo bello, ma quasi allegro, dove mio marito non è mai solo. Scarpa ha realizzato davvero qualcosa di eccezionale, ispirandosi anche al Giappone, che amava molto e dove il caso ha voluto che sia morto. Era un uomo geniale eppure umilissimo, semplice…”

Come è semplice e genuina, nonostante il successo e il prestigio di cui gode, la donna che mi sta di fronte. E che spesso si commuove e mi commuove.

2022

Siamo tornati a visitare la Tomba Brion nel luglio di quest’anno, dopo il restauro e le riprese di Dune.

Come molti ricorderanno, l’estate 2022 è stata caratterizzata da una disastrosa siccità.

Per la prima volta abbiamo visto il bamboo nell’ottagono delle ninfee… secco. Avvizzito.

Poco stupore per la secchezza del prato erboso, ma molto -invece- per un fenomeno curioso:

Nel mezzo del prato secco, al centro di fronte al padiglione delle ninfee, rimaneva verde un cerchio d’erba, ed il suo centro, come si può meglio cogliere e comprendere da queste immagini.

Tomba Brion e Onorina Brion_02_Cerchio 02_Veneto da Vedere
Cerchio 01

Ci sarà stata senz’altro una spiegazione ‘razionale’, ma, fermo che anche la razionalità è molto soggettiva, ci piace pensare che il luogo concepito da Scarpa, abbia effettivamente qualcosa.

Tomba Brion

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